Alla vigilia della presentazione del pacchetto di misure “Fit for 55”, la Commissione UE riconosce che “i Paesi hanno interessi e punti di partenza molte diversi, pertanto sono da aspettarsi inevitabili controversie”. Palese la spaccatura in seno al Consiglio europeo sui criteri di condivisione degli sforzi di riduzione delle emissioni, quando si è manifestata la richiesta dei Paesi dell’Est di ricevere compensazioni economiche.
Ma anche in casa nostra non va meglio, visto che l’Italia non ha ancora recepito nella legislazione domestica la revisione della Direttiva RED II, nonostante il termine fissato al 30 giugno 2021, tra perplessità e dissensi sia da parte degli operatori di settore che delle associazioni ambientaliste.
La Comunicazione “Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l’Europa (Climate Target Plan)”, adottata dalla Commissione UE lo scorso settembre aveva previsto che “Con una riduzione del 55 % delle emissioni di gas a effetto serra si otterrebbe un nuovo mix energetico più verde: entro il 2030 il consumo di carbone diminuirebbe di più del 70 % rispetto al 2015 e quello di petrolio e gas rispettivamente di oltre il 30 % e del 25 %; viceversa la quota delle energie rinnovabili aumenterebbe, raggiungendo il 38-40 % del consumo finale lordo. Nel complesso questo nuovo mix delineerebbe un percorso equilibrato verso la neutralità climatica entro il 2050”.
“Per realizzare questi obiettivi – aveva affermato la Commissaria UE per l’Energia Kadri Simson – abbiamo la volontà politica, l’esperienza tecnologica e i fondi dell’UE, anche dallo strumento per il recupero e la resilienza necessaria. La revisione non cambierà completamente il quadro giuridico per le rinnovabili nell’UE, dal momento che abbiamo avuto un’importante revisione della direttiva nel 2018. Ma mirerà a consentire una maggiore integrazione del sistema energetico e a promuovere le energie rinnovabili in quei settori in cui abbiamo bisogno che i cambiamenti avvengano più velocemente”.
Tuttavia, secondo CAN Europe, la rete delle Organizzazioni ambientaliste d’Europa, la quota di rinnovabili nei consumi finali dovrebbe essere innalzata ad almeno il 50% per centrare l’obiettivo di 1,5° C, inoltre la mancanza di obiettivi vincolanti non sollecita gli Stati membri a cambiare di passo per la transizione energetica.
Il settore della geotermia europea (EGEC) lamenta la mancanza di supporto al settore e chiede un quadro equo per gli aiuti di Stato, che consenta agli Stati membri europei di sostenere lo sviluppo di tecnologie innovative e l’adozione da parte del mercato dell’energia geotermica, in particolare nel settore del riscaldamento e del raffreddamento.
Un punto molto controverso riguarda le bioenergie, dopo che il Comitato per il controllo normativo (Regulatory Scrutiny Board), l’organo indipendente della Commissione UE aveva espresso un parere negativo sulla bozza di testo, secondo quanto riportato da EurActiv dal momento che non tiene nella dovuta considerazione i potenziali rischi ambientali, come la deforestazione, derivanti da un utilizzo crescente delle biomasse a scopi energetici.
Le polemiche maggiori riguardano la proposta di inclusione nella Direttiva dei combustibili prodotti da fonti fossili abbinati da sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), come gas sintetici e idrogeno prodotto da gas naturale (idrogeno blu), mentre un folto gruppo di parlamentari europei, associazioni ambientaliste e di settore, in un documento indirizzato al vicepresidente Frans Timmermans, responsabile del Green Deal e al Commissario per l’Energia, hanno ribadito che la Direttiva deve ammettere soltanto i combustibili prodotti al 100% da fonti rinnovabili, come l’idrogeno verde da elettrolisi.
Il 14 luglio scopriremo cosa effettivamente conterrà la proposta di Pacchetto “Fit for 55” della Commissione UE.